Il calmùn

Frontespizio del volume pubblicato nel 1998 sul Calmùn di Lanzada.

A Lanzada, in seguito alla nascita e allo sviluppo dell’attività di stagnino ambulante (magnàn), si originò un gergo chiamato calmùn di cui ancor’oggi restano tracce nel dialetto locale.

Questa parlata serviva anzitutto ai magnàn per comunicare tra loro senza farsi capire dagli estranei, un mezzo di difesa che creava una sorta di solidarietà all’interno del gruppo, così come sovente rappresentava anche uno stratagemma per disimpegnarsi con una certa facilità e per uscire da situazioni complicate o imbarazzanti.

L’origine del gergo calmùn, comune a tante professioni ambulanti, è da ricercare in un processo di osmosi con altre parlate, avvenuta progressivamente nei luoghi tipici di incontro tra lavoratori itineranti, come la strada, le piazze, l’osteria, etc. Il termine calmone significa nella lingua italiana “parlare in modo ambiguo”, “parlare per metafore”, “parlare in gergo”.
L’origine della parola è fatta derivare dal greco kalamos e dal latino calamos, nel significato di parola usata come freccia, dardo, figurativamente, un motto pungente, una frecciata (Tiraboschi). In effetti il gergo è generalmente un modo di prendersi gioco degli estranei, uno scherzo, una burla.

C’è chi fa invece derivare il termine "calmo", dal latino carmen, ossia come complesso di parole, di “magia”, di “incantesimo”. Da qui il passaggio al gergo italiano nel significato di “fascino”, “inganno”, etc. Per cui il calmùn sarebbe un “linguaggio segreto, misterioso, dotato di un certo fascino che serve per ingannare l’interlocutore e per prendersi gioco di lui” (Lurati).

Comunque sia l’origine della parola, il calmùn dei magnani di Lanzada si è sviluppato acquisendo via via numerose parole dal latino e dall’italiano, così come recuperando voci di origine greca, spagnola, francese, tedesca, inglese, slava.

Ecco alcuni interessanti esempi:

  • smèser (coltello in calmùn) – Messer (coltello in tedesco)
  • slòfen (dormire in calmùn) – schlafen (dormire in tedesco)
  • bula (città in calmùn) – bulè (assemblea chiusa in greco antico)
  • valopp (lettera in calmùn) – enveloppe (busta in francese)

I magnani di Lanzada usavano il gergo quasi esclusivamente fuori dal paese e nell’esercizio della loro professione. Negli ultimi decenni, quando l’attività di magnano cominciò a diminuire, il parlare in gergo (plutunàa la calma), diventò talvolta una moda e uno strumento per darsi un tono eccentrico. Il gergo fu utilizzato nel dopoguerra anche da tanta manodopera maschile di Lanzada che ha trovato lavoro presso le miniere e le cave, nei grandi cantieri idroelettrici e da tanti paesani costretti ad emigrare nella vicina Svizzera: il calmùn servì molto spesso per parlare tra loro, per stabilire legami di solidarietà e, a volte, di complicità tra paesani.

Riferimenti bibliografici.

  • Lurati Ottavio, L’ultimo laveggiaio della Valmalenco, Tirano 1979
  • Picceni Simon Pietro - Bergomi Giuseppe - Masa Annibale, Inventario dei toponimi valtellinesi e valchiavennaschi. 21 Territorio comunale di Lanzada, Società Storica Valtellinese, Villa di Tirano, 1994
  • Salvadeo Mario – Picceni Simon Pietro, Parlàa Calmùn. Storia e gergo dei magnani di Lanzada, Sondrio 1998
  • Tiraboschi Antonio, Vocabolario dei dialetti antichi e moderni, Bergamo 1873