Architettura del maestro tra le più note e studiate,
Villa Parravicini (1929) è un’antologia di elementi che caratterizzano l’estetica di Dioli.
Ispirandosi chiaramente a una tipologia abitativa semplice ma raffinata, essa si compone di due corpi che si intersecano perpendicolarmente, rifacendosi ad un linguaggio art decó o “stile anni Venti” per l’impostazione lineare e geometrica del progetto.
Essa si compone di un piano sottotetto, un primo piano e di un piano terra, a cui vi si accede attraverso un terrazzino, collegato al giardino circostante da un’importante scalinata d’ingresso a sua volta delimitata da un muretto che segue l’andamento delle scale, una soluzione originale che utilizza elementi curvilinei di raccordo tra le alzate.
Il terrazzino a pianta irregolare del primo piano sovrasta il bow-window; la balaustra è intervallata da colonnine a pianta quadrata, con basamento romboidale e capitello trapezoidale e da fasce verticali ai lati su cui sono disegnati i consueti rombi.
Questi motivi decorativi in stile
Ridgeo, che Dioli inventa e utilizza non solo per un’impostazione complessiva dell’edificio, ma anche per alcuni dettagli decorativi esterni, convivono con le immagini realizzate a graffito sulle cornici delle finestre e sulla fascia che corre lungo il perimetro del sottotetto: forme ondulate e naturalistiche, come la stella alpina, il ritratto della moglie del committente, le foglie, le bacche e un volto grottesco e mostruoso che ricorda quello di un drago.
Colta stilizzazione geometrica, naturalismo e simbolismo definiscono quello che il maestro chiama
Malenchino,
uno stile decorativo sviluppato da due elementi principali: fiori e animali alpini arricchiti con fogliame di imitazione orientale
(Monglunder), mentre nell’architettura predominano i motivi geometrici di influenza egizia
(Ridgeo).
Riferimenti bibliografici
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Silvio Gaggi,
Gente di Valtellina. Erminio Dioli: maestro d’arte e di umanità, in
“Rassegna economica della Provincia di Sondrio”,
n. 4, ottobre-dicembre 1989