di Marcello Abbiati
Sulla parte di un tranquillo bar di Primolo in Valmalenco è appeso con noncuranza un profilo altimetrico, tracciato
con accuratezza dall’ing. Moser e risalente all’anno 1903.
Il frontespizio del progetto
Difficile da credere ma, insieme ad una malconcio libricino conservato presso la Biblioteca Civica Pio Rajna di Sondrio,
questa tavola è uno degli scarsissimi documenti che tramandano la memoria di un progetto che avrebbe potuto stravolgere
la storia sociale ed economica valtellinese del secolo appena trascorso.
Redatta con cura e dal linguaggio meticoloso e scarno, la breve relazione è opera dell’ingegner Giacinto Orsatti:
stampato con i tipi del Quadrio nel 1903, Allacciamento delle Ferrovie Valtellinesi alle Engadinesi per Valmalenco rappresenta
l’esito locale di un dibattito e di una tendenza che tra Ottocento e Novecento coinvolse tutte le nazioni prossime
al diaframma alpino.
La necessità di implementare l’osmosi di merci e persone attraverso le Alpi sollecitò Francia, Confederazione
Elvetica, Germania, Regno d’Italia e Impero Austroungarico a trovare dei mezzi di trasporto e delle vie di comunicazione
alternative alle tradizionali, che si rivelavano ormai obsolete e inadatte a veicolare gli imponenti flussi commerciali di un
continente in esponenziale aumento demografico ed economico.
Fu dunque la seconda delle due grandi scoperte che caratterizzarono il XIX secolo – la fotografia e la putrella “a
doppia T” – a fornire il veicolo ideale per il trasporto rapido e sicuro di grandi quantitativi di merci e persone
attraverso territori geomorfologicamente ostili: il treno.
(un ringraziamento particolare ai proprietari del Bar Primolo che hanno autorizzato la scansione delle immagini del progetto)