La “ferrovia malenca”: il progetto

La proposta di Orsatti era molto concreta, e ben argomentata: aprire una via di comunicazione con l’Engadina dalla Valtellina, attraverso il solco profondo della Valmalenco, che “si spinge a mo’ di cuneo fra le valli svizzere di Poschiavo e della Pregallia [Bregaglia, n.d.a]” (1). Il progetto di Orsatti prevedeva l’ipotesi di due tracciati alternativi della lunghezza totale di 54 km, dei quali 27 in Valmalenco, 3 in galleria sotto il pizzo Tremogge, 8 di discesa lungo la Val di Fex fino a Sils, e i restanti 16 (di cui circa 6 già dotati di binari) da Sils a Samaden, il principale snodo ferroviario verso la Bassa Engadina e Coira. Secondo l’autore, il passaggio per la Valmalenco avrebbe potuto addirittura insidiare il primato del Gottardo come linea internazionale “da Milano a Coira pel il lago di Costanza” (2), in quanto la distanza tra Milano e Coira attraverso la Valmalenco era di soli 272 km, ai quali il passaggio obbligato attraverso il Gottardo ne aggiungeva circa un centinaio.

Progetto "Allacciamento delle Ferrovie Valtellinesi alle Engadinesi per Valmalenco"

Dunque, attraverso i morbidi pascoli di San Giuseppe, la strada ferrata – a scartamento ridotto per poter assecondare meglio la morfologia della vallata e dunque risparmiare notevolmente in infrastrutture – si sarebbe inerpicata fino ad Entova, per poi essere inghiottita dalla montagna all’altezza dell’Alpe di Fora e sbucare sul versante svizzero a Plan Vadret. I convogli sarebbero stati alimentati ad energia elettrica “ricavata dal Mallero in luogo conveniente, come sarebbe alle cave di Chiesa” (3), superando pendenze fino al 14 % ad una velocità media di circa 10 km orari.

Alpe Fora, Piani di Fora e il Pizzo Tremoggia

Nella sua breve relazione, l’entusiasta Orsatti va a calcolare nel dettaglio il costo dell’impresa (ipotizzato in 9 milioni di lire), fornendo anche il prospetto di costituzione del capitale, che vede attori lo Stato, gli enti locali (le provincie di Sondrio, Bergamo, Brescia, Como e Milano), le rispettive camere di commercio e azionisti privati.

La prospettiva di grandi vantaggi commerciali e turistici per l’intero regno, e per la Valtellina nello specifico, avrebbe dovuto sollecitare gli eterogenei soggetti citati a partecipare all’impresa, ed i reciproci benefici economici indotti da questo itinerario strategico si sarebbero riversati parimenti su Italia e Svizzera: “non mancherà certo la intraprendenza dei nostri vicini engadinesi (…) di dare con nuovi paesaggi maggior svago ai loro 50.000 villeggianti annuali (…) di approfittare delle acque del Mallero trasportabili lungo il tunnel (…) e l’impiego delle ardesie di Chiesa” (4). Per i valtellinesi i principali vantaggi consistevano nella possibilità di esportare agevolmente vino, la già citata ardesia, pietra ollare, magnesite, talco e legname: attraverso la ferrovia veniva inoltre favorito anche il transito dei lavoratori stagionali e del bestiame. Oltre ai vantaggi commerciali, la ferrovia avrebbe anche favorito il flusso turistico avvicinando “le vette della Disgrazia e del Bernina anche ai touristes meno arditi” (5), dando nel contempo avvio all’industria – già fiorente nell’Alto Adige – della traubenkur (6).